Anche questo secondo brano è tratto dal libro di Marco Ercolani Galassie parallele. Storie di artisti fuori norma, il Canneto editore, Genova 2019. “Nell’eresia e nella non adattabilità completa alla vita, nel percorrere vie non-maestre e devianti, trova la fonte originaria da cui pulsa l’energia sotterranea della vita e dell’arte”. Così si presenta la cinquantina e più di ritratti di artisti, poeti, scrittori e musicisti in questo libro, secondo una visione a cui forse non solo io, all’interno di SuonoSonda, aderisco naturalmente, anche solo nell’impegno di privilegiare l’inquietudine e l’energia – tanto quella calmissima e ‘più-che-lenta’, quanto quella dirompente e viscerale – rispetto alla tranquillità di ogni estetica che si isolasse nel culto del Bello ideale o del pianamente comunicativo, senza confronti con altre estetiche difformi, brucianti d’un fuoco eracliteo, ma ben presenti nell’autentica storia dell’arte e della musica, come quelle del Brutto o del Perturbante, del Dionisiaco (Francesco Denini).    

 

Scrisse Federico Garcia Lorca in Gioco e teoria del duende:

“Ogni uomo, ogni artista, si chiami Nietzsche o Cézanne, sale ogni gradino della torre della perfezione al prezzo della lotta che sostiene con il proprio duende, non con il proprio angelo, come è stato detto, né con la propria musa. Ènecessario fare questa distinzione, fondamentale per la radice dell’opera. L’angelo guida e dona, come S. Raffaele, difende e ripara, come S. Michele, annuncia e avverte, come S. Gabriele. L’angelo abbaglia ma vola oltre la testa dell’uomo… Il duende , al contrario, bisogna risvegliarlo nelle più recondite stanze del sangue. E bisogna respingere l’angelo, e sferrare un calcio alla musa.”

Chi, più di Demetrios Stratos è stato, per un tempo breve e intensissimo, unico attore del proprio duende? Naturalizzato italiano, nasce il 22 aprile del 1945 ad Alessandria d’Egitto da una famiglia di greci ortodossi. Studia a Cipro e nel 1962 si trasferisce a Milano, dove si iscrive alla facoltà di architettura. Comincia fin da subito a frequentare la musica, prima come tastierista poi come cantante. La sua voce, duttile e potente, si accorda a un timbro ‘nero’, a un ritmo da soul. Si sposa nel 1969 con Daniela Ronconi e ha una figlia, Anastasia, che studierà attentamente nel momento della lallazione, misurandoin rele potenzialità del linguaggio e della voce. Partecipa prima al gruppo dei Ribelli, poi fonda il suo primo gruppo, gli Area: il primo disco, del 1973, è Arbeit Macht Frei, che cita il paradossale slogan dei campi di sterminio nazista, ‘il lavoro rende liberi’. Canzoni del disco sono Luglio, agosto, settembre (nero), Cometa rossa Lobotomia, un brano composto di aspre e acute dissonanze, ispirato al trattamento chirurgico di cui era stata minacciata la terrorista Ulrike Meinhof della Raf tedesca. Già nel 1974 comincia ad ampilare la propria ricerca con escursioni nell’ambito della musica d’avanguardia. Col gruppo Area interpreta, nel 1976, Event, una performance sconcertante per un repertorio di vocalizzi sempre più ampio. In Metrodora, dove è solista, si mostrerà non più come semplice virtuoso ma come antropologo che vuole recuperare il potenziale primario del canto umano. Scrive Stratos:

“Oggi, con il declino della vecchia vocalità cantata, si tende a usare la voce come tecnica d’espressione. Io voglio spingere la mia ricerca più in là, fino ai limiti dell’impossibile. Faccio esperimenti sui suoni più acuti, e sono arrivato sino a 7000 herz. Cerco di prendere tre o quattro note alla volta, di lavorare sugli armonici. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la tecnica d’espressione, è più che altro una tecnica di controllo mentale, è un microcosmo ancora da scoprire.”

Demetrios Stratos non è stato solo un grande cantante, dalla tecnica inconfondibile, ma un ‘uomo-voce’ che ha sperimentato tutte le gamme, i registri e le intensità della voce e dei suoi armonici, in una libertà d’espressione (diplofonie, triplofonie) che giunge sino a un oltre-voce, che è ricerca etnologica e archeologica dove affermare la propria visione anarchica e libertaria dei suoni. “Se una nuova vocalità deve esistere” scrive, “deve essere vissuta da tutti e non da uno solo, un tentativo di liberarsi dalla condizione di ascoltatore e di spettatore. Questo lavoro va assunto […] come un gioco in cui si rischia la vita”. Il suo ‘cantare la voce’, i suoi ‘concerti per bocca solista’ lo rendono protagonista di performance non ripetibili, dove la voce è complessa, ipnotica e stregante liturgia che ipnotizza, irrita, invade l’ascoltatore. Memorabile la sua interpretazione del monologo radiofonico di Artaud Pour en finir avec le jugement de dieu, dove dio è imputato di un verdetto senza appello pronunciato da un uomo sopraffatto che lo sfida in nome dell’immortale libertà dei vinti. La trasmissione avrebbe dovuto andare in onda alla radio francese nel 1948 ma fu censurata dalle autorità. Stratos ne fa un’interpretazione delirante e caricaturale, forse meno tragica di quella di Artaud: la sua voce strepitante e la sua mimica forsennata, scavano uno, nessuno, centomila personaggi, e modi di parola, in uno spietato cabaretdove la parola è continua e straziata metamorfosi. Scrive Stratos:

“Un poeta persiano ha paragonato l’universo a un antico manoscritto, del quale la prima e l’ultima pagina sono andate perdute; due problemi gli si presentano, e cioè quale sia il significato della sua vita e quale la natura dell’universo che egli vede intorno a sé.”

Nel suo andare oltre la voce Stratos ha sperimentato i due poli del dilemma: l’insensatezza della natura e dell’universo. Ricordiamo qui alcune sue annotazioni sparse sul mistero della voce, pubblicate nella rivista ‘Il piccolo Hans’, probabile matrice di riflessioni da organizzare in saggi futuri, e che oggi ci appaiono come appunti per un film perturbante che avrebbe potuto dirigere Werner Herzog:

“Di solito, quando una persona parla, non sentiamo i respiri, ma questi sono la parte più importante della voce.

– Far notare lo strano rapporto voce-sesso.

– Rapporti tra la voce e la cultura greca (soprattutto Platone).

– Voce e sesso, ancora, rapporti col ciclo mestruale e la castrazione.

– La danza della sberla in Mongolia. Èpreso a schiaffi chi non sa cantare!

– Voce e ritmo. Il ritmo sviluppa l’elevazione della ‘coscienza fisiologica’.

– Ambiguità del ritmo (l’ambiguità della figura di Omero suggerisce l’ambiguità del ritmo).

– Deridda. La voce legata a un soffio.

– Lacan, la voce, questo strumento di niente!

– Pulsioni elementari (voce, orina, merda).

– Lacan, la voce, lo specchio.

– Diderot, Lettera sui ciechi (analogie con la voce).”

Stratos muore nel 13 giugno del 1979, trentaquattrenne, di anemia aplastica. Nella musica futura nessuno si farà erede della sua ricerca ai limiti dell’impossibile. Ancora Lorca, in questo, ci soccorre, con la sua teoria di un duende diabolico, stufo di cerchi e di linee rassicuranti, assetato di suoni nuovi e indistinti:

“Il duende di cui parlo, oscuro e trepidante, è un discendente di quell’allegrissimo demone di Socrate, marmo e sale, che lo graffiò indignato il giorno in cui bevve la cicuta, e dell’altro malinconico diavoletto di Cartesio, piccolo come una mandorla verde, il quale, stufo di cerchi e di linee, andava sui canali per ascoltare i grandi marinai indistinti.”